giovedì 27 gennaio 2011

ST22

 

ST(anza)22
drammaturgia per teatodanza
Anteprima gennaio 2011_ Studio 1 Roma


scrittura: Carmen Iovine



Buio.
Si sente il rumore di 4 mandate di una porta pesante.
Luce sulla donna
Eccessivamente accogliente e sorridente

Benvenute signore questa è la vostra nuova casa, la vostra nuova casa circondata, circondata da verde e palazzi, fino a quando non si sistemeranno le cose lei, lei e anche lei potrete alloggiare qui, per un po’!
Come se si rivolgesse ad una donna presente lì.
Non si preoccupi nessuno verrà a disturbarla, io mi chiamo Tina, per qualsiasi cosa dovesse avere bisogno può fare un fischio, e io arriverò!
Sempre alla stessa donna
Ah! Dimenticavo! Le sue cose, la borsa, l’agenda, gli occhiali e tutto il resto sono giù alla reception! Come vede non c’è molto spazio qui, ma come ho detto prima, per qualsiasi cosa dovesse avere bisogno può fare un fischio e io arriverò!1

Una con un vestito con i fiori troppo grossi2
Una muta,con la pancia vuota che in silenzio grida i suoi diritti3
Una cucina, una lava, una piange, una mangia!4
Mangia vetro, mangia terra , mangia ferro e fuoco
Tanto da sembrare un sacco, un sacco da riempire
Nient’altro che un sacco per la merda
Una troppo grassa, una troppo magra
Due insieme in quella stanza
Ma estranee per la strada
Ed eccone un’altra
Un’altra per troppo tempo
così troppo da piangere,
ma così troppo anche da ridere.
Da piangere, da ridere e da provare noia!
Cosa certa è che è una proprietà!
Incalzando
Né moglie e né figlia
Poco donna!
Piegata, ripiegata,
      riposta,
messa a posto in un angolo lercio,
condizionata da un giudizio autorevole
seduta senza gambe
di fronte a un sorriso cattivo
che decide per te!5
Al pubblico
-A chi vuoi?-

Nuovamente accogliente in maniera eccessiva

Benvenute a Cento-celle!
Cento! Cento è il numero delle stanze di questa casa.
Per i gabinetti da questa parte, nel corridoio antistante potete trovare un piccolo làvabo, o lavàbo? Un pezzo di sapone e un asciugamano, si lo so è sporco, ma se guarda proprio dietro l’angolo c’è una cesta per la biancheria sporca, oppure può usarlo al rovescio, o no!

Eppure sono storie!
C’è una storia in quella pancia che si gonfia
E non è una storia gravida
E c’è una storia nelle gambe che restano ferme
E in quelle che tremano in quel letto inchiodato sul pavimento
E una in quella valanga di vomito, tosse e sospiri
Da levare il fiato.
Sono così tante,
da raccontare
da tenere segrete
Segrete per salvarti la vita o segrete perché ti vergogni
A volte senza un finale
Spesso senza un inizio
Scaraventate in un presente improvviso che era da evitare
Ma le storie ti fanno conoscere
Ci sono quelle che ti fanno capire
Che fanno scoprire chi sei
Quelle storie che ti spiegano perché sei ferma lì,
incapace di tutto
Di parlare di muoverti
La percezione che hai di te…
La percezione che ho di me…
E se mi chiedi che cosa mi manca io ti rispondo
un balcone una sedia sdraio e una pianta!
Ma non una pianta grassa, una di quelle che, si dice, ci si può anche non prender cura, ma una di quelle che pianti e che cresci,
una di quelle per cui ci vuole tempo,
una di quelle per cui le ore da passarci insieme non sono mai troppe,
una di quelle…
Ma come sono le mie ore? Vorrei saperlo!
Vorrei sapere se le mie ore ingrassano o dimagriscono,
come me che più ore passano e più mi trasformo!
La prima volta? La mia prima volta!
Sono entrata e ho visto…no! Non è andata così!
Mi hanno fatto entrare!
Qualcuno mi ha aperto la porta!
La porta è una di quelle porte pesanti, come quella che mio padre decide di mettere a casa dopo che i ladri hanno sfondato quella che c’era prima, e dopo che l’hanno sfondata sono entrati e hanno messo tutto in disordine, chissà poi perché sono andati solo in camera da letto!
La porta! La porta si chiude con quattro mandate, quattro rumorose mandate che sembra che dentro ci sia un amplificatore e si chiude sempre dietro di me.
La prima volta ho fatto cinque cose!
Ho visto, ho sentito, ho toccato, ho sentito l’odore, ho assaggiato un sapore.
L’odore!
L’odore ruvido della coperta che sento quando la tiro fin su al mento.
Un tanfo!- “Si può aprire un po’ la finestra per favore?”-
I colori!
Grigio e verde, e poi il rosa del grembiule della portiera sulla torretta!
Voci sorde, voci mute!
In strada c’è gente che urla non capisco se di gioia o disperazione,
vedo un uomo e una donna, la donna ha un cane, ha l’aria simpatica, il cane.
Li sento chiamare,
un nome,
un nome di donna, ma non capisco!
Un brusio inconsistente
Senza tono! Modulato, effettato, frammentato!
Voglio vedere di più, per vedere sporgo il collo
Fino a storcermelo fino a farmi male.
Che nome è?
A chi vuoi?
-“Ma dico io, io citofoni cosa li hanno inventati a fare!”-
Restano le mani, le mani intrecciate che si stringono, che si tirano, le mani che si aprono, che godono, che si liberano, le mani che premono le palme, che si sfregano, mani che prendono, che lasciano che afferrano, che contengono, mani fredde, mani calde, mani che bussano con insistenza sul vetro “Non potete tenervi per mano!” 6
La ruggine! Sa di metallo, è il cancello, è la ruggine!
Il sapore dell’aria di cui faccio il pieno ogni volta!
Il sapore della mia bocca!
Aria al sapore di ferro!
-“ Nella mia borsa, quella che avete trattenuto alla reception, dovrebbero esserci il mio spazzolino e il dentifricio! E’ che proprio non so starci senza, …è che io ogni mattina…mi sentite? Ehi qualcuno mi sente?”

Lentamente il suo sguardo e la parola si spengono

C’è silenzio!
Innaturale silenzio!
Un silenzio innaturale attraversa l’aria.
L’aria, l’aria che respiro, l’aria razionata che schiaffeggio, che mi manca,
somministrata a piccole dosi.
Un silenzio talmente silenzioso da mettermi paura
E’ il silenzio delle notti di questo posto
Notti taciturne illuminate al neon7
E’ tardi sono stanca, ancora un po’ e potrò sdraiarmi
Ma devo camminare ancora un po’.
Corridoio largo e basso
-“Arrivare fino in fondo, poi svoltare a destra”-
Corridoio troppo largo troppo basso, troppo vuoto senza appigli!
Poi si scende! 8
Si scende, e quella che eri prima non potrai più tornare ad esserlo, c’è chi riesce a farla franca con la vita e quelli sono quelli del mondo di sopra e poi ci sono quelli che hanno sempre i piedi freddi che è la parte di sotto di un corpo che ora è solo una sagoma di nebbia.9

Cantilenando una nenia, come se stesse cullando una bambina ma in realtà è accovacciata e culla se stessa

Era un gioco.
Tutte dicevano “Facciamo un gioco!”.
Che gioco è?
E’ il gioco della vita che vorrei!”.
C’è chi sogna una vestaglia di seta rossa
da indossare al mattino appena sveglie
o quando ti alzi dal letto
dopo avere fatto l’amore
per andare a prendere qualcosa da mangiare,
chi invece sogna una tazza blu per il the,
quello delle cinque,
e una bianca per il the della colazione.
E poi si sogna, si sogna, si sogna di non sognare più i sogni di sempre, si sogna un finale diverso, un presente sopportabile, un futuro tollerabile quando il passato è indelebile.
Allora provi a cambiare, a cambiarti, cominci da fuori quando sei ancora lì dentro, senza sapere se poi arriverai mai dentro per quando sarai fuori, ma intanto cominci.
Dalle cose più semplici, per qualcuno anche banali e inopportune, per il luogo e la situazione.
Sciogli i capelli se ce l’hai avuti sempre legati, oppure li tiri su se prima stavano sempre giù, oppure indossi un vestito diverso da quello di tutti i giorni. Lo fai con te stessa, o chi con chi sta al tuo fianco, magari perché senti che lì c’è un bisogno di avere mentre il tuo bisogno è dare.
Un dare che salva la vita!
A chi proprio non ce la fa a sopportare quel grigio così grigio dei muri!
A chi proprio non ce la fa a sopportare l’assenza della vita di prima di lì! A chi proprio non ce la fa a sopportare le notizie che arrivano da fuori belle o brutte che siano, di vite che continuano e di vite che finiscono!
A chi proprio non ce la fa a sopportare sempre le stesse voci, gli stessi rumori!
A chi proprio non ce la fa a sopportare sempre le stesse puzze!
A chi proprio non ce la fa a sopportare il disgusto di un cibo che non sfama!
A chi proprio non ce la fa a schiodarsi dal letto, nemmeno per andare a vomitare!
Un cucchiaino di latte alla volta, solo un cucchiaino, perché a bere con il bicchiere i sorsi sarebbero stati troppo grandi da riuscire a scivolare nella gola chiusa dall’ansia.
L’ansia di essere rimasta sola!
L’ansia che la faceva vomitare, l’ansia che l’atterriva, la sotterrava!
Il latte a piccoli sorsi, le carezze sul volto sudato per le troppe crisi, il panno bagnato sul corpo per rinfrescarla, tenerla pulita. E poi i capelli, i capelli sciolti, liberati da tutti i nodi con la spazzola, divisi in due sulla nuca e sistemati in due treccine, come se fosse tornata bambina, come se quella fosse stata una nuova nascita!
Ma si può scegliere di nascere di nuovo per andare a morire per sempre?
Che pena! Per questa pena non vale la pena!
Dormi bimba
dormi amore
dormi e sogna dove c’è il sole!
Che qui si scende, si scende
Che qui si scende, si scende
Che qui si scende, si scende
E quella che eri prima non potrai più tornare ad esserlo!

Rivolta al pubblico, quasi a voler nuovamente spiegare

Eppure sono storie
Storie lette, ascoltate, viste e immaginate
Storie vere
Storie invisibili
Abitate da fantasmi, inimmaginabile la condizione.
E allora?
Che l’invisibilità diventi visibile
Che a quella condizione venga data una voce
Una condizione subita per anni, mesi, giorni, ore, secondi.
C’è chi li ha contati uno per uno
3.600 secondi in un’ora
86.400 secondi in un giorno
2.592.000 secondi in un mese fatto di trenta giorni
2.678.400 secondi in un mese fatto di trentuno giorni
E in un anno?
31.536.000 secondi
e se l’anno è bisestile 31.622.400 secondi.
Che si possa raccontarli uno per uno questi secondi
Che si abbia la capacità di ascoltarli uno per uno questi secondi
Secondi che hanno rubato la vitalità
Aggrovigliati, dalla sera alla mattina, intorno a corpi instabili che disperatamente cercano di conservare la dignità.
Io sono contro!
Contro l’abuso di potere, il controllo del pensiero, la detenzione arbitraria, le torture, l’isolamento totale,
contro l’oblio, l’oscurantismo,
contro Bolzaneto,
contro la violazione dei diritti umani

Torna a d essere come nella prima scena

Ma benvenute anche voi, prego da questa parte raggiungiamo le altre!
Attenzione, ehi ma non spingete, c’è posto per tutte.
Che giorno è oggi? Domenica? Bè la domenica è pollo, un fantastico pollo rinsecchito, ma nella cella numero 17 c’è Suzie Wong. Lei ha sempre del riso e verdure colorate, prende il pollo lo fa pezzetti pezzetti lo mischia al riso colorato dalle verdure che fa contrasto con il grigio ambiente e… et voilà le jeux son fait!
Buon pranzo!

Buio

1 La nota si rif. al primo paragrafo per intero, la donna cha parla in questo momento rappresenta la guarda carceraria.
2 Era una donna molto grassa che indossava sempre un vestito con grossi fiori.
3 Donna che protestava per un suo diritto negato facendo lo sciopero della fame seduta in silenzio in un angolo.
4 Descrizione di un quotidiano
5 Da “Condizionata da un giudizio autorevole…” fino a dove è segnata la nota, Questa frase rappresenta la descrizione dello Stato.
6 L’immagine delle mani rappresenta più cose liberamente interpretabili, alla fine del paragrafo “Non potete tenervi per mano” racconta l’impossibilità di toccarsi nel momento della visita di un parente in questo caso nella mia immaginazione erano due innamorati cercavano di toccarsi e poi venivano richiamati dalla guardia.
7 Non c’è mai buio nel carcere
8 La nota si rif. da “ E’ tardi…” fino a “… poi si scende” racconta il percorso che fanno fare a una carcerata x appena arrestata mentre l’accompagnano in cella
9 Ergastolo