lunedì 11 ottobre 2010

HERCULES FURENS

 
HERCULES FURENS
Debutto 8 luglio 2009
Teatro Romano, Volterra

personaggi:

ERCOLE
GIUNONE / CORO
CANTO
ANFITRIONE
MEGARA
LICO / TESEO


scrittura: Cinzia Maccagnano, Aurelio Gatti, Vincenzo Pirrotta
fonti: Seneca e Tradizione Popolare
 

PROLOGO MUSICA 1

ERCOLE
Ho visto l’oscura cavità del Tartaro, un luogo avvolto da una fitta nebbia con ombre dense. Ho visto…da un’unica fonte sgorgare due fiumi diversi: uno è lo Stige tranquillo, l’altro l’Acheronte impetuoso che travolge massi nella sua onda, impossibile da risalire. Ho visto, cinta dai due fiumi, la reggia di Dite, nascosta da un bosco ombroso. Qui, incombono le soglie del tiranno, la porta del terzo regno. Ho visto la fronte accigliata del dio, il volto è quello di Giove, ma del Giove col fulmine. Iddu è lu vilu di negghia chi cummogghia lu regnu….Chiunque tu sia che regni, astieniti dal sangue umano, poiché i tuoi delitti pagano un prezzo più alto.

CORO
Rare brillano le stelle, deboli nel cielo che declina; la notte sconfitta aduna le fiamme erranti mentre il giorno rinasce, // MUSICA 2 Fosforo spinge avanti la schiera splendente; le sette stelle dell’orsa Arcade, volto il timone, invocano il giorno. // Titano vede in lontananza le cime dell’Eta; e la sorella di Febo fugge, per tornare di nuovo. Agghiurnò! // Il pastore che fa? // Camina i pecuri.
E il torello, che fa il torello? // Joca. // Ancora non l’avi i corna!
E il crapetto?che fa il crapetto // Vaga. // Talè! Si posò sulla cima di un ramo la “carcarazza”, senti l’aceddi chi scrusciu. // Agghiurnò!
Il marinaio, che fa il marinaio? // Affida la vela ai venti, comu fussi la vita so’.//
Un altro, instabile supra li scogghi, prepara l’ami tradituri, e con l’armu tisu, studìa la preda stringendo la mano.// Questo tocca a quelli che vivono una vita onesta: un quieto riposo e una casa che si accontenta di poco. // Nelle città speranze troppo grandi e timori inquieti.// Unu, senza sonnu, s’alliscia i patruna, n’autru ammunzedda ricchizzi senza fini, n’autru ancora, ammuttatu du ventu, si vinni a cu si l’accatta megghiu. 
FILASTROCCA DELLE MOIRE:
curri curri la vita - gira gira la rota - - fila fila la rocca - avanti a cu ci tocca -

GIUNONE
L’ho visto/ io stessa, l’ho visto/ C’è da temere per il cielo/ lui/ che ha vinto gli abissi: /strapperà lo scettro al padre./ Ora si gonfia d’orgoglio,/ Arrogante! fila fila la rocca - avanti a cu ci tocca 
GIUNONE M’ARRUBBI U CIATU// MISI A TESTA SUTTU U MUNNU// Sorella del dio Tonante,/ ha lasciato Giove/ che è sempre di un’altra/ e gli spazi del sommo etere;/ da sola,/ e cacciata dal cielo,/ ha ceduto il posto alle rivali;/ è la terra che devo abitare.//
U MUNNU UN CARIU D’INCAPU U CODDU DI ERCOLE // E sia,/ salga al cielo/ e venga a occupare il posto di Giunone Alcmena vittoriosa, e allo stesso modo Ercole si appropri delle stelle promesse.//
A SO TESTA TINNI AGGRITTA STIDDI E CIELU // Non è così che passerà il suo odio.//
VAju CIRCANNU A TRAZZERA CHI CUNNUCI NNI DIU// Qualsiasi essere orribile la terra ostile generi, qualsiasi mostro il mare o il cielo abbiano prodotto, terribile, spaventoso, malefico, minaccioso, feroce, è spezzato e sottomesso. // 
CERCU A TRAZZERA CHI CUNNUCI NNI DIU! Arrogante…
Titano luminoso sale dall’oriente dorato. // Agghiurnò!


ANFITRIONE
Già, albeggia. Grande reggente dell’Olimpo poni un termine alle mie sofferenze, un limite alla rovina. Non c’è giorno che mai abbia brillato, per me, senza timori: la fine di una disgrazia non è che un passo verso la successiva. È appena di ritorno, che un nuovo nemico si appronta; non ci sono tempi vuoti, tranne il momento in cui riceve il comando. Lo perseguiti sin dall’inizio Giunone! Ha sconfitto mostri prima di saperli riconoscere. Giunone! Due serpenti dal capo crestato avvicinavano le fauci, e contro di loro lui, ancora bambino, strisciava, fissandone gli occhi di fuoco con animo calmo e sereno; Giunone! Con lo sguardo impassibile ha sopportato la stretta delle loro spire e, stritolando con la tenera mano i colli rigonfi di veleno, si è esercitato per affrontare l’idra, il leone, e l’ispido cinghiale del Menalo e il toro, che terrorizzava le cento popolazioni. NO, PASSA DDA! Giunone! Quando ha ricevuto l’ordine di penetrare le regioni del sole ardente e i paesi bruciati che il mezzogiorno inaridisce, ha aperto le montagne in due e così, infranto lo sbarramento, ha creato un’ampia strada in cui l’Oceano si avventa. Ma a cosa gli serve tutto questo, se, avendo difeso il mondo, ora ne è privo? Giunone! MAH! La terra avverte che l’autore della sua pace è lontano. Di fronte ai miei occhi ho visto cadere per mano violenta i figli che tentavano di difendere il regno paterno, e morire lui stesso, 1’ultimo discendente del nobile Cadmo; ANCORA! ho visto l’ornamento regale del capo strappato via insieme al capo. PURE! Chi può piangere Tebe a sufficienza? EH GIA’! Terra feconda di dèi, sotto quale padrone ora tremi! EH! Dai tuoi campi e dal tuo fertile seno si levò una gioventù nata con la spada in mano. GIA’! Questa terra, che ha accolto dèi e che ne ha creati e forse ne creerà ancora, è oppressa da un ignobile giogo, GIUNONE!
A CUI? A NUATRI? MA QUANNU MAI….. Prole di Cadmo dove sei andata a finire? Tremi dinanzi a un proscritto, uno sconosciuto che non ha una patria sua e opprime la nostra. La Tebe di Ercole è in potere di Lico. Ma non vi resterà a lungo. MUSICA 3 Tornerà, gliela farà pagare, immediatamente si innalzerà alle stelle; troverà una strada, oppure se l’aprirà da sé. Torna sano e salvo ai tuoi, vieni finalmente, vincitore nella tua casa vinta…..

MEGARA E CANTO
Rare brillano le stelle, deboli nel cielo che declina. Vieni fuori alla luce, sposo mio.
Squarcia con la mano le tenebre; lacera la volta celeste e ritorna o nessun dio potrà sollevarci.

ANFITRIONE
Compagna di mio figlio…Tu che custodisci con casta fedeltà il letto e i figli di Ercole, concepisci pensieri migliori e da sollievo al tuo animo. Tornerà di sicuro, com’è solito fare da ogni fatica, e sarà ancora più grande.

COROSommerso, sepolto, schiacciato da tutto il peso del mondo, tornerà, che strada gli resta per tornare ai superi? Nuddu può a lungo sfidare pericoli tanto frequenti: la sorte finisce per trovare colui che ha spesso sfiorato. Ecco che viene, feroce, Lico, brandendo uno scettro che non è suo. Nzu!

TANGOSCENO MUSICA 4
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LICO
Io regno sul ricco paese della città di Tebe e su tutto il fertile suolo che la Focide collinosa recinge, su tutto ciò che vedono il Citerone e l’esile Istmo che separa i due mari, io non posseggo, come un erede indolente, gli antichi diritti della casa paterna; io non ho nobili antenati, né una stirpe illustre, io ho la gloria del mio valore: chi vanta la sua stirpe, non fa che lodare meriti altrui. Gli scettri usurpati si tengono con la mano tremante. Solo la spada dà sicurezza: il potere che sai di tenere contro la volontà dei cittadini, deve essere difeso con la spada in pugno. CANTO Voi soltanto/ potete consolidare il mio potere/, legata dalla fiaccola regale/ del matrimonio: Megara!/ Ostinata/ prepotente/ mi dici di no?/ Allora sopprimerò totalmente la casa di Ercole./ L’odio e i discorsi del popolo peseranno su questa azione, sì, ma la prima arte dei re e di saper sopportare, nell’odio./ Megara, ascolta per un momento le mie parole. Se gli odi dei mortali durassero in eterno, le guerre non lascerebbero che macerie. Al vincitore è utile voler riportare la pace, al vinto è necessario. Vieni a dividere il mio regno; ecco: prendi, toccami la destra.

CANTO
La vita che mi rimane sopporto a fatica come sopporto l’odio per te! Piace il tormento all’amore e piace il sangue alla guerra, ma superbia e arroganza quelle no.
Tu, tracotante tu! Tu, insolente tu, presuntuoso, e vile tu.

CORO
Biii! Io, toccare la mano macchiata del sangue di mio padre e dei miei due fratelli? (NO!) Prima, l’oriente estinguerà il giorno e l’occidente lo riporterà, prima ci sarà pace concorde fra la neve e le fiamme, prima Scilla unirà il fianco siciliano con quello dell’Ausonia. Prima, prima, prima.

LICO
Lo vedremo!

CORO
Lo conosco bene il regno di Tebe: vuoi che ti parli delle madri che hanno sopportato e osato delitti? Del duplice misfatto, in cui si confusero i nomi di sposo, figlio, padre? O degli accampamenti dei fratelli in guerra o della madre, figlia di Tantalo, pietrificata? Regna pure a tuo piacimento. Il destino di Tebe verrà a chiamare anche te. Tracotante, tracotante, tracotante…..PRESUNTUOSO E VILE TU!
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LICO
Taci! E tu, impara da Ercole a sottometterti agli ordini dei re. Le leggi sono state sconfitte dalle armi. Il padre è caduto in una guerra sanguinosa? Sono caduti i fratelli? Le armi non hanno rispetto della misura; l’ira di una spada impugnata non può essere repressa: alle guerre piace il sangue. Ma Ercole avrebbe lottato per il suo regno, e io invece spinto da una colpevole ambizione?

CORO
Ma che ci vuoi significare? Già!

LICO
Di una guerra si domanda l’esito, non il motivo. Ma lasciamo svanire ogni ricordo. Quando il vincitore depone le armi, anche il vinto ha il dovere di rinunciare alle ostilità. Non chiedo che tu, in ginocchio, mi adori come tuo sovrano: ERCOLE! proprio questo mi piace in te, che accetti la tua rovina con fierezza; sei una sposa degna di un re: (URLO ERCOLE) uniamo dunque i nostri letti. (URLO ERCOLE)

CORO
Un brivido freddo percorre le mie membra…

LICO
Il tuo sposo sprofondato agli Inferi ti infonde coraggio ma io piegherò te. Dimmi che dono regale devo preparare per le mie nozze? (URLO ERCOLE)
Folle. Preferisci uno schiavo a me. Ercole, tu vantavi grandi imprese, ora sei oppresso dalle tenebre del Tartaro. Da che padre sei mai nato, per sperare nelle dimore celesti?

ANFITRIONE
Taci! Spetta a me ristabilire la verità sul padre e la nascita di Ercole. Dopo le tante azioni memorabili non è ancora chiaro chi è suo padre? Se mentiamo dicendo che è Giove, credi almeno all’odio di Giunone.

LICO
Perché profani il nome di Giove? La razza mortale non può unirsi alla stirpe celeste.

ANFITRIONE
Sempre è costato caro nascere dèi.

LICO
Se vedi uno infelice, sai che quello è un uomo.

ANFITRIONE
Se invece vedi uno forte, sai che quello non è infelice.

LICO
Chiameremo forte un uomo che fece cadere dalle spalle la pelle del leone e la clava, e i cui fianchi sfavillano, adorni di una veste Sidonia? Chiameremo forte un uomo che hai capelli ispidi impregnati di nardo, uno che ha tenuto occupate le mani al suono poco virile del timpano, con la fronte feroce coperta da una barbara mitra?

ANFITRIONE
Bacco! Non si vergogna il tenero Bacco di lasciar liberi i capelli sciolti, né di agitare con la mano delicata il tirso leggero….


LICO
Quel che è consentito a Giove, è consentito a un re: tu hai dato una sposa a Giove; Ercole la darà al re, e con un maestro come te, la tua nuora apprenderà questa lezione che non è nuova per lei: seguire il partito migliore, anche con l’approvazione del marito.

CORO
Pirchì ncasu mai? E se la picciotta non voli? Già, già, già!

LICO
Si ostina a rifiutare il rito nuziale, SPOSE avrò da lei un figlio nobile, anche con la forza. INSANGUNATE VENITE Nessun dio può strapparti a me, VENITE!

CORO
Ora/ Ombre di Creonte/ penati di Labdaco/ fiaccole nuziali di Edipo incestuoso/ VENITE Ora/ Ombre di Creonte/ penati di Labdaco /fiaccole nuziali di Edipo incestuoso VENITE! Ora su questo connubio/ Ora ricada il destino della nostra stirpe. Ora, ora, ora, ora…VENITE!

LICO
Nessun se Ercole, sollevato il mondo, tornerà vincitore.
Crolli il tempio, bruci la supplice, un unico rogo consumi la sposa e tutta la sua stirpe.

ANFITRIONE
Come genitore di Ercole, ti chiedo: fammi cadere per primo…..Eccelsa potenza degli dèi, re e padre dei celesti, che fai tremare i mortali al lancio delle tue frecce, ferma la mano empia di questo re disumano. Ma perché invoco gli dèi invano? Dovunque tu sia, ascoltami, figlio! MUSICA 5 Ah! Il tempio vacilla, il suolo rimbomba, risuona il fondo dell’abisso: sono stato ascoltato.

L’ARRIVO: nulla è come prima 
 
CORO
Il canto del supplice Orfeo piegò i duri sovrani delle ombre, quando cercò di riavere la bella Euridice. Quell’arte che aveva trascinato foreste, acceddi e petri, e fermato i ciumi e bestie feroci, risuona ancora più armoniosa nei luoghi che non conoscono suoni. Chianciunu anche gli dèi insensibili alle lacrime, chianciunu, e nzinu chiddi chi su assittati a giudicari Euridice, chianciunu. Chianci l’arbitro di la morti, Chianci “Vinti siamo. Torna ai sùperi: tu Euridice segui il tuo uomo, e tu Orfeo non girarti a guardare la tua sposa». Ma amore vero non canusci ‘mpedimenti: si vota chiddu! E mentre si affretta a guardare il dono ricevuto, ecco lo perde.
Quel regno che ha potuto esser vinto da un canto, potrà esser vinto dalla forza.

CANTO
Fortuna bendata, ingiusta tu sei! Fortuna ingiusta tu sei! Fortuna bendata, ingiusta tu sei! Concedi il ritorno a chi il mare solcò. Fortuna, ingiusta tu sei!

ERCOLE
Febo, tu che guidi la luce che dà la vita e sei ornamento del cielo, concedimi il perdono, se i tuoi occhi hanno visto qualcosa che non dovevano: è stato per obbedire a un ordine che ho trascinato alla luce ì misteri dell’universo. Tu, Giove, arbitro e padre degli dèi celesti, nascondi i tuoi occhi dietro al fulmine, e tu, Nettuno, che governi il mare immergiti nelle acque profonde. Chiunque guarda dall’alto alle cose terrene e teme di essere contaminato da questa visione, distolga lo sguardo, sollevandolo al cielo. Due soltanto devono vedere questo essere mostruoso: colui che l’ha condotto fuori e colei che ha dato l’ordine. Per l’odio di Giunone, la terra non è grande abbastanza per infliggermi pene e fatiche: ho visto i luoghi inaccessibili a tutti, gli spazi di tenebra e se mi fosse piaciuto il Terzo Regno, io avrei potuto regnarvi: il caos della notte eterna, le cupe divinità, il destino, ho vinto tutto. Ho disprezzato la morte, e sono tornato. Cos’altro rimane? Ho visto e fatto vedere gli Inferi. Se c’è qualcos’altro da fare, tu imponimelo: da lungo tempo ormai sopporti che le mie mani restino inattive, Giunone: cosa vuoi che io vinca?

ANFITRIONE
Figlio, salvezza certa anche se tardiva di Tebe, sei proprio tu che abbraccio, oppure è un'ombra vana che mi fa gioire ingannandomi? Sei proprio tu, riconosco le braccia muscolose, le spalle e le mani.

ERCOLE
Perché, padre, questa desolazione? Perché la mia sposa è velata con vesti di lutto? Perché i miei figli sono coperti di infamante sporcizia? Qual è il disastro che pesa sulla mia dimora?

ANFITRIONE
Tuo suocero è stato ucciso; (LAMENTO ERCOLE) Lico ne possiede il regno, e minaccia di morte i tuoi figli, tuo padre, tua moglie.

ERCOLE
Terra ingrata! Nessuno è venuto in aiuto della casa di Ercole? Il mondo che ho difeso ha potuto assistere ad un tale misfatto? Ma perché perdo tempo in lamenti? Venga immolato il nemico. Lico vada ad annunciare a Dite che sono tornato.

TESEO
Scaccia dagli occhi quello sguardo pieno di pianto, regina, e tu trattieni le lacrime: tuo figlio è salvo. Se conosco Ercole, Lico pagherà il debito che ha con il padre di Megara. Pagherà? Non basta. Lo sta pagando: ma anche questo non basta. Ha già pagato.

ANFITRIONE
Il dio che ne ha il potere assecondi la nostra preghiera e ci sia propizio nella sfortuna. Magnanimo Teseo, rivela le sue imprese, quanto lunga sia la strada che conduce ai tristi Mani, e come il cane del Tartaro abbia sopportato le dure catene.

TESEO
Mi costringi a ricordare fatti che fanno tremare anche un animo senza paura. Non sono ancora sicuro di respirare il soffio vitale, la vista dei miei occhi è intorpidita e il debole sguardo sopporta a stento il giorno a cui non è più abituato.

ANFITRIONE
Teseo, vinci la paura, è dolce ricordare quel che è stato duro da sopportare.


L’INFERNO MUSICA 6

CORO
Legge divina dell’universo, e tu che domini un regno che tutto contiene, ti imploro, permetti di rivelare impunemente le leggi nascoste e inghiottite nel seno della terra.
AAAHHHHAHHHH

TESEO
Sulla terra spartana si innalza un monte famoso, dove il Tenaro con le sue fitte foreste invade il mare; qui apre la bocca la dimora dell’odioso Dite: un'immensa voragine si spalanca con vaste fauci nell’enorme grotta, e un cammino si allarga ampio per tutta la gente. Terrore e Spavento, Lutto e Dolore digrigna i denti La strada, all’inizio, è illuminata da un tenue bagliore; ma poi si indebolisce e inganna lo sguardo l’incerto fulgore del sole morente: come quando il giorno, all’alba o al tramonto, offre una luce ancora intrisa di notte. E’ la strada stessa che conduce giù: come i flutti trascinano le navi loro malgrado, così là un soffio d’aria va verso il basso!

CORO
Non ci sono verdi prati , non ci sono buoni frutti, non ci sono dolci acque….
Non ci sono soffi di venti, non ci sono candide fonti, non ci sono bianche sorgenti…

ANFITRIONE
È la lugubre fine delle cose, il termine ultimo dell’universo.

TESEO + ERCOLE
Ho visto l’oscura cavità del Tartaro, un luogo avvolto da una fitta nebbia con ombre dense. Ho visto…da un’unica fonte sgorgare due fiumi diversi: uno è lo Stige tranquillo, l’altro l’Acheronte impetuoso che travolge massi nella sua onda, impossibile da risalire. Ho visto, cinta dai due fiumi, la reggia di Dite, nascosta da un bosco ombroso. Qui, incombono le soglie del tiranno, la porta del terzo regno. Ho visto la fronte accigliata del dio, il volto è quello di Giove, ma del Giove col fulmine. Iddu è lu vilu di negghia chi cummogghia lu regnu….Chiunque tu sia che regni, astieniti dal sangue umano, poiché i tuoi delitti pagano un prezzo più alto.

ANFITRIONE
Allora è vera la fama che agli Inferi è resa giustizia, e che i colpevoli devono espiare la pena dovuta!

TESEO
Issione, con il corpo attorcigliato, è travolto da una ruota veloce; Sisifo è schiacciato da un enorme masso; Tantalo con la gola secca insegue le onde, ma l’acqua si sottrae alla sua bocca; Tizio si offre all’avvoltoio come pasto eterno, errano, in preda alla pazzia, le empie figlie di Cadmo e l’avido uccello (GEMITO ERCOLE) atterrisce la mensa di Fineo.

CORO
Cunta, cunta, cunta…cunta cunta del fiume, cunta cunta del vecchio…cunta cunta 
 
ANFITRIONE + TESEO
La barba gli scende trasandata, un nodo trattiene la veste informe, gli occhi incavati lanciano fiamme; è lui, Caronte, il nocchiero che con un lungo remo dirige la nave e facendo approdare la barca, privo di peso, alla spiaggia, cerca nuove ombre.

CORO
Cunta, cunta, cunta…cunta l’unfernu, l’unfernu cunta

ERCOLE
Io, figlio di Alcmena domo il nocchiero, e acchianu supra la barca che si piega al peso mio. Allora tremano i mostri sconfitti, i crudeli Centauri e i Lapiti; l’Idra cerca il fondo della Palude stigia, per immergervi le teste che rinascono. Appare la casa dell’avido Plutone: qui il feroce Cerbero atterrisce le ombre e, scuotendo le sue tre teste, fa la guardia al regno. La testa sporca di marciume, sulla criniera si drizzano vipere e la coda ritorta è un lungo drago che sibila. Appena avverte i miei passi addrizza le orecchie. Ma quando il figlio di Giove si fa più vicino, il cane si accuccia nell’antro, e hanno paura entrambi. Ecco che con il cupo latrato atterrisce i luoghi del silenzio e persino i beati. Allora Ercole discioglie dalla spalla sinistra le fauci feroci, gli pone di fronte la testa della fiera Cleonea e si ripara sotto lo scudo, brandendo la clava. Ora da una parte, ora dall’altra la fa roteare, raddoppiando i colpi. Sconfitto, il cane, stanco, abbassa il triplice capo e i sovrani, seduti sul trono, atterriti, lo scacciano. Allora, accarezzando con la mano gli orrendi colli del mostro, li lega con catene d’acciaio; e il cane abbassa le orecchie impaurito, riconosce il padrone e si lascia trascinare a testa bassa. Ma quando giungiamo alle bocche del Tenaro, il cane sconfitto, riprende coraggio e, come impazzito, scuote le ponderose catene; quasi trascina il vincitore e tirandolo indietro lo fa vacillare. Allora Ercole volge lo sguardo alle mani di Teseo, e trascinando il cane con le forze unite, lo tirano insieme sulla terra, mentre, folle di rabbia, tenta vanamente di lottare. Quando ha visto la luce del sole, per lui è sorta la notte, ha girato lo sguardo indietro e ha cercato la terra con tutti i suoi colli; le teste ha nascosto all’ombra di Ercole.


Lo scanto o la Morte

CORO
Ti scanti tu? No, iu ‘n mi scantu, e tu, ti scanti tu?
Quanto grande è la folla che nelle città si avvia avida ai giochi di un nuovo teatro, tale è la folla; quanto grande è la folla che si precipita alle feste per le sacre celebrazioni della quinta estate, tale è la folla; quanto grande è la folla che si ammassa ai misteri di Cerere, quando le ore della notte si fanno più lunghe e gli iniziati dell’Attica si affrettano a celebrare la fine del giorno, tale è la folla che viene condotta attraverso i campi silenziosi; una parte cammina al passo lento della vecchiaia, triste e sazia di una lunga vita; una parte ancora corre, di età più giovane: le vergini non ancora maritati, i picciutteddi e u nicareddu chi sapi diri sulu mamma. Solo a questi è concesso, di dissipare la notte portando innanzi le fiaccole; accussì ‘n si scantunu. Gli altri invece avanzano tristi attraverso le tenebre. Qual è lo stato del vostro animo quando, sparita la luce del giorno, ciascuno tristemente si accorge che il proprio capo è sepolto sotto tutta la terra? Hi hi hi! Possa la vecchiaia condurci tardi laggiù: ma nessuno arriva tardi in quel luogo da cui non si può più tornare, una volta arrivati; a che serve affrettare il destino? MUSICA 7 Tutta questa folla che erra sulla grande terra andrà all’Inferno. Per te, Morte, per te ci prepariamo. Tu puoi essere lenta, poiché siamo noi ad affrettarci; il primo istante che ci ha dato la vita, già comincia a togliercela. 
 
LA TRACOTANZA o la festa

TESEO
È un giorno lieto per Tebe: supplici, toccate gli altari, immolate grasse vittime. Grazie alla mano di Ercole, regna la Pace fra l’Aurora e il Vespero. È tornato dopo aver pacificato gli Inferi; ormai non resta alcun timore; non c’è niente oltre gli Inferi.

ERCOLE
Sconfitto dalla mia destra vendicatrice, Lico è caduto a terra; così pure chiunque era compagno del tiranno è stato abbattuto, compagno anche nella punizione. Ora io, vincitore, offrirò un sacrificio a mio padre e agli dèi sùperi, e onorerò gli altari con le vittime uccise che gli devo. Te, aiutante e alleata nelle mie fatiche, prego te, Pallade Conducete qui opulente greggi, tutte le messi degli Indiani e i profumi degli Arabi. Teseo, tu onorerai i fondatori della città.

GIUNONE
Ercole, tu ora vai, mprisutu! Aspiri al cielo, disprezzi la terra.

ANFITRIONE
Figlio, prima purifica le mani che grondano sangue nemico.

GIUNONE
Ormai ti credi, arrogante, di essere sfuggito allo Stige? Ma turnari ‘n nenti ancora!

ERCOLE
Ah, se potessi fare libagioni agli dèi con il suo sangue odioso! Nessuna vittima più grande e opulenta di un re ingiusto può essere immolata a Giove. Restino al loro posto il cielo, la terra, il mare e gli astri eterni: sarò io stesso a concepire preghiere degne di Giove e di me. Una profonda pace nutra i popoli. Spariscano i veleni…Le spade restino nascoste. Nessuna tempesta turbi il mare, nessun fulmine scagli Giove, nessun fiume invernale travolga i campi distrutti. Non regnino più tiranni crudeli e selvaggi; se la terra deve ancora produrre qualche malvagità, si affretti, e se prepara qualche mostro, sia mio.

GIUNONE A TAVOLA: nenia delle vecchie
Cca cca è l’infernu! Cca cca è! Ah Giunone, che pensi di trovare un avversario pari ad Ercole? Non c’è che lui. Haiu ghiuttutu vilenu, e ora haiu latti i matrigna.
Chi mi avi lu sdirregnu! Chi mi dormi a lettu pirciatu! Mi nnavi sorti mi passa u bisolu! Frevi maligna e nenti ci possa! Pazzu iu e pazzu tu. Mi s’ammazza sulu sulu.
Pazzu io e pazzu tu…la me manu mi t’ammutta ‘nta la notti, sutta sutta….
Chi mi avi lu sdirregnu! Chi mi dormi a lettu pirciatu! Mi nnavi sorti mi passa u bisolu! Frevi maligna e nenti ci possa. Pazzu iu e pazzu tu. Mi s’ammazza sulu sulu.
Pazzu io e pazzu tu…la me manu mi t’ammutta ‘nta la notti, sutta sutta….


IL FURORE MUSICA 8

ERCOLE
Ma che succede? Sembra notte. Chi è che fa indietreggiare il giorno e lo respinge a oriente? Da dove viene questa notte sconosciuta? Perché tante stelle riempiono il cielo, in pieno giorno? Ecco la mia prima fatica, il Leone ribolle di collera e si prepara a mordere. Di sicuro afferrerà qualche stella: si erge minaccioso, con la bocca enorme, spira fiamme e agita sul collo la criniera rosseggiante; assalirà il Toro primaverile e gli spezzerà il collo.

ANFITRIONE
Cos’è questa disgrazia all’improvviso? Perché, Figlio mio, volgi lo sguardo qua e là, e con la vista annebbiata vedi un cielo inesistente?

ERCOLE
La terra è soggiogata, i mari in tempesta si sono sottomessi, il regno infernale ha conosciuto la mia violenza: resta ancora indenne il cielo, fatica degna di Ercole. Mi innalzerò; l’etere deve essere raggiunto: mio padre mi promette le stelle. La terra non può contenere Ercole. Ecco, gli dèi mi aprono le porte. Cielo mi accogli? O devo trascinare via la porta del firmamento che oppone resistenza? I Titani si preparino alla guerra, infuriando al mio comando; afferrerò macigni e con foreste intere e sradicherò con la mano montagne ricolme di Centauri. Traccerò un cammino verso i superi!

ANFITRIONE
Allontana queste empie immagini; reprimi l’accesso di pazzia del tuo cuore che è fuori di sé.

ERCOLE
I funesti Giganti corrono alle armi. Tizio è sfuggito alle ombre. Il Citerone vacilla, Mimante infierisce, terribile; Tisifone, con il capo cinto di serpi, ha chiuso la porta indifesa. Ma ecco la prole del re nemico: si nasconde, la stirpe infame di Lico: questa destra vi restituirà al vostro odioso padre. Il mio arco lanci le sue frecce leggere. È così che si devono scagliare i dardi di Ercole.

ANFITRIONE
Dove si è lanciata la tua cieca pazzia?

ERCOLE
Scoverò da tutti i nascondigli il resto della prole. Ecco, vedo nascosto il figlio di quel padre criminale.

ANFITRIONE
infelice Megara….

ERCOLE
Anche se fuggendo ti nascondessi in seno al Tonante, questa mano ti raggiungerà ovunque e ti afferrerà.

ANFITRIONE
Non c’è salvezza dall’ostilità di Ercole. Abbraccialo, e tenta di calmarlo con dolci preghiere.

MEGARA + CANTO
Riconosci Megara.

ERCOLE
Ho preso la matrigna! Ora questa matrigna deve morire. Giunone, ho ucciso questo gregge in tuo onore!

LA CULLA

ANFITRIONE
E tu, vecchiaia che troppo a lungo hai vissuto … è caduto a terra come un frassino abbattuto nella foresta. Sei vivo, o la stessa follia che ha mandato alla morte i tuoi ti ha ucciso? È soltanto sonno: il respiro si compie con moto regolare. Lasciamolo riposare, perché la grave violenza del male sia vinta dal sonno e lasci il suo cuore che ne è oppresso. Allontanate le armi, perché non le cerchi di nuovo, in preda alla pazzia. Devono portare il lutto il cielo, il grande padre dell’alto etere, la terra fertile, l’onda errante del nobile mare, e tu soprattutto, che attraverso le terre e le distese del mare effondi i tuoi raggi e metti in fuga la notte con il tuo splendido volto, ardente Titano: al pari di te, Ercole ha visto l’occidente e l’oriente, ha conosciuto entrambe le tue dimore. Liberate il suo animo da tali mostri, liberatelo, dèi superi, guidate la sua mente e volgetela in una direzione migliore. Eccolo nel fiero cuore volge sogni terribili: non è ancora vinta la virulenza di un male così grande; non ha ancora cacciato tutte le vampate, ma come un'onda tormentata dal forte Noto conserva a lungo la spinta e continua a gonfiarsi quando il vento ormai è cessato. Shhhh

NINNA NANNA DI MORFEO: MUSICA 9 Scaccia le dissennate onde dall’animo, tornino all’eroe pietà e coraggio. O piuttosto, la sua mente resti agitata da un movimento insano; solo la pazzia ormai può renderti innocente la sorte più vicina all’avere mani innocenti è ignorare il proprio delitto. ….figlio alato di madre stellata, debole fratello di Morte crudele, tu Morfeo inganni il futuro, mescoli il vero col falso, riposo, compagno notturno, dolce e benigno, proteggi chi è stanco CANTO …..Voi, andate, fanciulli, stirpe sfortunata, andate…ombre innocenti...

ERCOLE
Che luogo è questo, che parte dell’universo? Dove sono? Che aria respiro? Sono tornato. Ma forse la mia mente non si è ancora liberata dalle visioni infernali perché vedo corpi insanguinati. E anche dopo il ritorno spettri si agitano dinanzi ai miei occhi. Lo confesso con vergogna: ho paura. Dov’è la sposa così fiera del suo gregge di figli? Dove sono le frecce? Chi ha osato portarmi via le armi mentre ancora vivo e non ha avuto paura di Ercole, anche se addormentato? Voglio vedere il mio vincitore, lo voglio. Sorgi, valore mio….I figli giacciono trucidati, la sposa uccisa…Chi ha osato macchinare tanti delitti a Tebe? Chiunque non mi indica il nemico, è un nemico. Ma perché padre nascondi il volto? Chi ha dato la morte a tutti i miei cari, dimmelo; perché taci, padre? Forse è stata l’odiosa schiera del Lico, ad abbattermi con tale rovina? Chi ha distrutto la mia casa? Di chi sono preda?

ANFITRIONE
Lascia che le disgrazie se ne vadano, nel silenzio.

ERCOLE
Chi ha mai sopportato disgrazie di questo genere restando inerte?

ANFITRIONE
Chiunque ne ha temute di più grandi.

ERCOLE
Ci sono disgrazie più grandi e gravi di queste, padre?

ANFITRIONE
Quanto è piccola la parte che conosci della tua rovina!

ERCOLE
Pietà, padre, tendo verso di te le mani supplici. Da dove viene questo sangue?.... Padre, è mio questo delitto? Taci? Allora è mio.
Ora, padre, devi tuonare da ogni parte, irato;
l’aquila vorace strazi il mio corpo incatenato;
restituirò Ercole agli Inferi.
In un luogo sconosciuto Terra, nascondimi;
Figli, disseminati per tutta la casa, vi piango.
Le mie mani devono essere punite.

ANFITRIONE
Il lutto soltanto e tuo, il delitto è della matrigna: questa sventura non ha colpa.
Chi può dare il nome di delitto a un errore.
Ora devi essere Ercole

ERCOLE
Le armi, le armi che mi sono state sottratte, esigo che mi vengano rese in fretta, se sono sano di mente, ridatemi le armi; ma se la pazzia persiste allontanati, padre: troverò una strada verso la morte.

ANFITRIONE
Chiamami padre adottivo, chiamami padre, ti prego, risparmia la mia vecchiaia.

ERCOLE
Tutto quel che mi era caro, l'ho perso ormai: il senno, le armi, la gloria, la sposa, i figli, le mani, e persino la pazzia. Ho compiuto azioni lodevoli sempre per un ordine: quest’unica azione sia mia?

ANFITRIONE
È stata Giunone a scagliare questa freccia servendosi delle tue mani.


ERCOLE
Dimmi, padre, cosa vuoi che faccia?

ANFITRIONE
Decidi tu, ma sappi che o vivi, o mi uccidi. È qui che giacerà il delitto di Ercole sano.

ERCOLE
Ora fermati, padre, fermati. Soccombi, mio valore, e subisci il comando del padre. Anche questa fatica vada ad aggiungersi alle fatiche di Ercole: viviamo.

TESEO
La mia terra ti aspetta. Là Marte ha potuto restituire le armi alla sua mano, una volta assolta dalla strage. Quella terra che può rendere innocenti anche gli dèi, Ercole, ti chiama.

CORO
In quale terra ti ritirerai, empio? Cercherai l’oriente o l’occidente? Conosciuto ovunque, non hai più un luogo dove esiliarti. Il mondo ti sfugge; le stelle deviano, conducendo il loro corso obliquamente. Teseo, amico leale, ti cercherà un nascondiglio lontano, segreto? O forse ti ricondurrà all’inferno? Ma anche quello oramai conosce Ercole. 

Talia, già spunta la sorella di Febo…
Scurò!